Billy Cobham con il suo matchless, e il suo stile abbagliante e ambidestro, è uno dei pochi artisti cui sia stato riconosciuto il World Class Master per una carriera durante la quale si è dedicato con la stessa intensa passione ad innumerevoli collaborazioni.
Nato a Panama nel 1944, circondato da una famiglia di talento, deve il suo amore per la batteria a un cugino, che suonava e costruiva stell drums e conga e che lo avvicinò da molto piccolo allo strumento incoraggiandolo a suonare i timbales. Quando, nel ’47, la famiglia si trasferisce a New York, Billy ha 3 anni ma solo a 8 inizia seriamente gli studi con il padre pianista. Immediata è la passione che gli nasce per il difficile ambiente del “Drum and Bugle Corps” che, successivamente lo porterà presso la famosa “High School of Music and Art of New York” dove studia teoria e frequenta seminari con due dei più noti musicisti del secolo: Thelonius Monk e Stan Getz.
“Allora il jazz era un po’ fuori dagli studi musicali ortodossi. Ovviamente, gli studenti morivano dalla voglia d’incontrare musicisti di jazz. Miles Davis, in particolare, era una delle figure fondamentali dell’epoca. Noi andavamo ad ascoltarlo e cercavamo di analizzarlo e di criticarlo, così come facevamo con altri musicisti, tuttavia, in quegli anni, tutte le strade portavano a Miles…”.
Da quegli inizi Billy Cobham diventa negli anni, il musicista innovatore, pieno di originalità e forza che conosciamo: storiche sono la sua lunga esperienza proprio con Miles Davis, in seguito con la Mahavisnu Orchestra di John Mc Laughlin, nonché decine d’altre collaborazioni tra cui i Grateful Dead.
Figura di riferimento per generazioni, la sua influenza stilistica veloce ed esplosiva, ha certamente creato una categoria e un’eccezionale parte della storia della musica moderna.
Nella sua carriera lunga 30 anni, si è esibito al fianco dei più grandi e illuminati jazzisti e altri importanti nomi della musica mondiale di cui è fondamentale citare: George Duke, John Scofield, Oscar Peterson, Count Basie, Ray Barreto, Roberta Flack, Stan Getz, Gary Husband, George Benson, Peter Gabriel con il quale, tra gli altri progetti, ha inciso Passion per la colonna sonora del film L’Ultima Tentazione di Cristo di Martin Scorsese.
Di questa sua apertura alle più svariate esperienze, Cobham dice di aver sempre “amato sperimentare nuovi generi e viaggiare per il mondo a caccia di ritmi e sonorità: considero la musica un vero e proprio linguaggio universale ed un interessante mezzo di comunicazione tra i popoli” ed aggiunge che “una certa differenziazione negli stili che ho affrontato non dipende tanto dal mio, diciamo, back-ground, ma piuttosto dai molti e vari incontri che ho fatto durante la mia carriera”.Cobham è anche compositore e instancabile ricercatore, il suo approccio con la tecnologia è positivo e quantomai naturale “fa parte del procedere del mondo” ma è chiaro che “devi avere sempre le idee chiare sulla tua concezione del suono. Non ho mai subito il progresso, ne mai ho pensato di rimpiazzare lo strumento acustico. L’enigma più affascinante per me è quale strumento usare per descrivere al meglio il processo creativo”. Un fatto, forse poco conosciuto, è testimone di questa sua anima curiosa. Nel 1968, proprio al suo primo tour in Europa con Horace Silver è già, cimentandosi nella ricerca, all’avanguardia dell’industria della musica elettronica e del suo sviluppo attraverso il jazz. È proprio durante uno dei concerti di quel tour che utilizza il controllo elettronico della batteria in collaborazione con Meazzi Drum di Milano, annovendosi tra i pionieri insieme a Max Roach e Tony Williams.
Con il suo “marchio di fabbrica”, e la sua personale impronta che si può paragonare a grandi innovatori come Louis Armstrong, lo stesso Davis o Jaco Pastorius ha galvanizzato i palcoscenici internazionali in migliaia di concerti, sinfonie, con big band, a Broadway, festival, radio e televisioni, registrazioni discografiche.
Con il suo grande carattere, Cobham è anche tra i percussionisti jazz che hanno fondato gruppi propri e di cui citiamo i Dreams di cui fecero parte tra gli altri i fratelli Randy e Michael Brecker e John Abercrombie.
Dal 1980 Billy Cobham divide il suo tempo tra New York e il Nord California e la casa di Zurigo, dove vive da quando ha deciso di trasferirsi in Europa, per il suo desiderio di confrontarsi con esperienze nuove ma anche perché il vecchio continente è, a suo avviso, più generoso con i musicisti. Con il suo ultimo progetto “The Art of Jazz Series” (che si sviluppa in una serie di concerti che a partire dal trio giungeranno alla big band) Cobham ritorna alle radici più classiche del jazz, ma con qualcosa in più, una sorta di laboratorio “per me stesso e per gli altri, in grado di mostrare dall’interno come si sviluppa il lavoro di un musicista jazz”. Progetto che è anche un sogno che sta prendendo forma: una biblioteca multimediale: si legge si ascolta e si suona. Una sorta di minus-one estremamente articolato, per realizzare il quale riprende la sua collaborazione con Ron Carter che, conosciuto dal ’66, nonché dopo l’esperienza con la Mahavisnu, aveva voluto al suo fianco nel leggendario Spectrum.
“Ron non era solito eccedere in virtuosismi anche se non si è mai sottratto ai rischi: è questo il tratto che ho sempre particolarmente apprezzato in lui e che fino ad oggi ho cercato di far mio, ponendolo alla base del mio lavoro creativo”. Oggi dopo anni di conoscenza musicale sono ancora insieme in “The Art of 3” in trio con Kanny Barron e in “The Art of 4” in quartetto con James Williams e Donald Harrison, musicisti importanti anche se più giovani, in una specie di confronto generazionale. Di questo ritorno sulle scene con Carter, Cobham è deliziato, dice: “è meraviglioso suonare di nuovo con lui, parliamo la stessa lingua, ci capiamo al volo”. Affinità che non esulano certo da una maturità che non si inventa, quando definendo un musicista maturo, così si esprime: “Quando ascolti un musicista maturo ascolti un musicista molto selettivo rispetto alle scelte che fa. Voglio dire che il musicista maturo suona “buone” note: non so come spiegarmi le note giuste e soprattutto sul tempo giusto”.
Doti ed esperienza che lo rendono il grande insegnante da tutti riconosciuto, doti alle quali vanno certo certo aggiunte quelle umane. Il grande batterista conduce, infatti, un’intensa attività di docenza in drums clinics, workshops e simposi in tutto il mondo. Ai suoi allievi chiede innanzitutto di essere di larghe vedute e di ascoltare il suo lavoro considerandolo sul loro stesso piano. Dice lo stesso Cobham: “Mi piace il rapporto con i giovani, mi piace interagire con loro e farli divenire un po’ gli eredi delle mie conoscenze, trasferire loro non solo la mia tecnica ma anche tutti gli accorgimenti che ho scoperto durante la mia carriera.”
“Vado da loro con una idea precisa, e voglio sapere che cosa ne pensano, come possono assimilarla e come possono restituirmela. Voglio che sappiano che desidero un feedback”. “Ognuno si arricchisce recependo dall’altro”.
Fonte: wikipedia